venerdì 15 novembre 2013

Bob Dylan
(Padova, 8 novembre 2013 Teatro Geox)



Una volta, molto tempo fa, un amico, parlando di Bob Dylan, mi disse: “Se ti capita di vederlo dal vivo preparati ad assistere ad uno degli artisti più imprevedibili sulla piazza; può farti vedere le stelle in una serata piovosa, o, se non è in serata, annoiarti a morte e darti la sensazione di essere ad un concerto di polka”.

Bob Dylan resta Bob Dylan, e su questo non si discute. Con cinquant'anni di carriera e trentacinque album alle spalle è l'artista vivente più longevo in assoluto. Anche se la stragrande maggioranza di pubblico conosce solo i super classici degli anni '60, negli ultimi vent'anni ha sfornato dischi di grande spessore, Oh Mercy e Time Out Of Mind su tutti. Lo stesso Tempest, del 2011, non lascia nulla a desiderare, anzi! Pezzi come “Long and wasted years” o “Pay in Blood” sono la dimostrazione di un cuore selvaggio ancora pulsante, e a quell'età non è da tutti.

Dal vivo, come detto, è altra cosa; le potenzialità non mancano. Per farvi un idea, e sentire la faccia migliore della medaglia, vi consiglio di ascoltare Bootleg Series Vol.8, in cui oltre a b-sides ed outtakes (periodo 1989-2006) potete gustarvi numerose chicche live, non vi deluderà.
Condivido, tuttavia, l'impressione del mio amico; c'è anche un'altra faccia della medaglia: quella noiosa, quella in cui, da spettatore, senti le gambe pesanti e non vedi l'ora di tornare a casa e mettere sullo stereo “Oh Mercy” per consolarti.

Bob Dylan, ormai settantunenne, è così, imprevedibile; da quando ha deciso di abbandonare la chitarra elettrica per starsene ricurvo su una tastiera non sai cosa ti può capitare. Per non parlare del modo in cui ri-arrangia le canzoni; un po' per evitare un'operazione nostalga (molto apprezzabile) e un po' per sopperire alla sua estensione vocale sempre più ridotta, ma basta fare una rapida ricerca su Wikipedia per conoscerne tutti i dettagli.

Personalmente mi è capitato di vederlo dal vivo tre volte. La penultima, due anni fa, al Palasport di Padova, con Mark Knopfler di spalla, la migliore. Ricordo in particolare una versione molto dilatata di The Leeve's gonna break, con quel canto rauco e ossessivo, come un mantra “If it keep on rainin' the leeves' gonna break..” e poi l'effetto eco sul microfono in Ballad of a thin man.. Senza contare che in qualche pezzo imbracciava la chitarra, la band era carica e il volume sostenuto; insomma un Bob in versione “anche se piove chissenefrega”.

Lo scorso 8 novembre il così detto “Never ending tour” lo ha riportato a Padova, questa volta in una cornice più raccolta: il Teatro Geox.
Dopo l'esperienza positiva del 2011 decido di rivederlo; in più, da quando Lou Reed ci ha lasciato, ho avuto la conferma che, per queste leggende, ogni lasciata è persa.

Le ottime aspettative sono state ahimè deluse.. Il volume era basso e le sonorità rugginose che speravo, accantonate e sostituite da uno stile più folk/rock. Insomma un Bob in veste low-fi un po' noiosetto..

Delle diciassette canzoni presenti in scaletta ne salvo solo tre, tutte tratte dalle produzioni più recenti: “Love Sick” (da Time Out Of Mind, 1997), “After Midnight” e la già citata “Long and Wasted Years” (dall'ultimo “Tempest”). Dei pezzi più conosciuti (ma suonati in versioni quasi irriconoscibili), nessuno mi è rimasto impresso: né “Tangled up in blue” né “A Hard Rain's A-Gonna Fall” né tantomeno “Blowin' in the wind”. Non fraintendetemi, apprezzo il fatto che voglia reinventarsi continuamente, che le canzoni non siano state scritte sulla pietra (ecc. ecc.), ma questa volta era troppo anche per me.. Sarà per la prossima.




Set 1
Things have changed
She belongs to me
Beyond here lies nothin’
What good am I?
Waiting for you
Duquesne whistle
Pay in blood
Tangled up in blue
Love sick
Set 2
High water
Simple twist of fate
A hard rain’s a-gonna fall
Forgetful heart
Spirit on the water
Scarlet town
Soon after midnight
Long and wasted years
Encore
All along the watchtower
Blowin’ in the wind


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