lunedì 11 novembre 2013

Un weekend londinese.. (ricordi di una gita musicale del 2011)

Sono di ritorno da una trasferta lampo in quel di Londra per un po’ di sano turismo musicale. Gli artisti visti questa volta, entrambi per la prima volta in carriera, sono senz’altro tra le migliori e più genuine realtà rock contemporanee.
Wilco/Pj Harvey visti in due giorni consecutivi il 29 e 30 ottobre. Andiamo con ordine.
Per chi non li conoscesse i Wilco sono un gruppo americano di Chicago, cappeggiato da Jeff Tweedy, formatosi ben 17 anni fa. Osannati in patria, semisconosciuti in Europa, hanno avuto la consacrazione artistica nel 2004 con l’entrata in scena del raffinato chitarrista-polistrumentista jazz/rock Nels Cline. E’ dello scorso 27 settembre la pubblicazione del loro ultimo album, nono in carriera, The Whole Love. A Londra hanno suonato al Round House, storico locale (ex gasometro) a Chalk Farm nel rione di Camdem. One Sunday Morning, ballata di 12 (!!) minuti, da il via a una serata di alto livello tra sonorità soft e rumore bianco, tipica mescolanza (a volte spiazzante) della loro musica mai banale. La scaletta ha compreso numerosi pezzi dell’ultimo lavoro oltre a  svariati classici come Via Chicago, Poor Places e Impossible Germany (in cui Nels Cline esegue uno dei migliori assolo che le mie giovani orecchie abbiano mai udito). Un’ora e tre quarti che mi ha lasciato davvero estasiato e assolutamente voglioso di rivederli il prossimo marzo quando torneranno in Europa; Milano, Bologna e Zagabria le tappe più vicine.


 



PJ Harvey ha invece tenuto i suoi ultimi due concerti dell’anno, ma primi in carriera
(scusate il gioco di parole) alla Royal Albert Hall, storica sala da concerti situata nell’elegante rione di South Kesington. Una location così prestigiosa è forse dovuta alla sua recente vittoria, per la seconda volta in carriera, del Mercury Prize (premio al miglior artista inglese dell’anno) a seguito dell’ultima prova discografica Let England Shake.
Si presenta alle 20 e un quarto in una sala gremita. Veste un abito nero in stile vittoriano cucito su misura. I fidi compagni Mick Harvey, John Parish (intercambiabili tra basso, chitarra, tastiere e organo) e Jean-Mark Butty alla batteria attaccano l’intro di Let England Shake, canzone d’apertura dell’ultimo album. Comincia un viaggio di quasi due ore in un Inghilterra d’altri tempi.
Lo show si concentra per lo più sull’ultima produzione, disco in qualche modo politico dalle forti tematiche antimilitariste, e sulle canzoni del penultimo White Chalk, album spettrale che ben si amalgama con l’atmosfera OldEngland della serata. Anche vecchi classici come Down By The Water, C’mon Billy o Angelene vengono ridimensionati per dare una dinamica più omogenea allo spettacolo.
Voce da usignolo, autoharp stretta al petto come un nuovo nato e una forte presenza scenica del tutto priva di movenze e anzi distanziata sia dal pubblico che dalla band (la sua postazione è infatti situata all’estremità sinistra del palco).
Poco fumo ma molta, moltissima sostanza. Una performance così volutamente statica che ci ho messo qualche giorno ad assimilarla e a carpirne a pieno l’intensità.
Due ore, come detto, di pura magia, fine primo set con The Colour of the Earth, breve pausa e di nuovo in scena per qualche bis, dalla bellissima The Desperate Kingdom of Love da sola chitarra e voce, passando per White Chalk, The Sky Lit Up, Angelene e  Silence.  Finiscono di risuonare le ultime note. La vera regina è tra noi.
Un weekend da incorniciare !

 

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